Negli articoli precedenti vi abbiamo illustrato la rivoluzione in atto presso l’impianto di lombricompostaggio di Melpignano (Le), modello sperimentale che integra il sistema elettromeccanico con quello della lombricoltura nel recupero dei rifiuti organici prodotti dai cittadini, ai fini dell’ottenimento di compost, cioè fertilizzante naturale dall’alto valore in agricoltura.
Nel Webinar svolto lo scorso 30 giugno abbiamo avuto modo di approfondire gli studi effettuati sul compost prodotto confrontandoci con gli esperti del settore.
All’interno del progetto “Compost Community-Rifiuto organico, una risorsa per la comunità” è stato analizzato il compost dell’impianto di lombricompostaggio di Melpignano. Le analisi sono state svolte dal Laboratorio di Chimica Agraria e Ambientale dell’Università di Bari, allo scopo di valutarne le proprietà agronomiche.
Le analisi sono state effettuate su 3 prelievi di materiale nell’arco temporale di un anno, quindi su lotti di produzione differenti (ricordiamo che ogni ciclo di compostaggio ha una durata di 90 giorni).
Dal punto di vista della Legge sui Fertilizzanti (D.Lgs 75/2010), il compost risultante dal trattamento aerobico dei rifiuti organici dei rifiuti solidi urbani è catalogato come ammendante compostato misto.
Sono stati analizzati non solo i parametri con obbligo di legge, ma anche quelli in grado di valutare il valore agronomico e la qualità del compost. A tale scopo, il principale parametro è il carbonio organico, il cui risultato è migliore rispetto a quello dei fertilizzanti in commercio. È importante notare come, tra i 3 lotti, non ci sia un discostamento considerevole di valori: ciò è indice di una buona standardizzazione del processo e oscillazioni minime delle caratteristiche chimiche del compost. La irrisoria variabilità è dovuta alla matrice di partenza e alla stagionalità del rifiuto conferito.
Al di sotto dei limiti massimi consentiti dalla legge sono i metalli pesanti e il cromo totale. Quest’ultimo è stato analizzato, nonostante la normativa non lo richieda obbligatoriamente, per indagare la possibilità di ossidazione del suolo a contatto con il nostro compost, valore importante per terreni del nostro territorio, soggetti a frequenti ossidazioni.
L’indice di germinazione, con diluizione al 30% dell’estratto di compost, ha un valore che si assesta intorno al 40%. Il limite massimo oltre il quale il compost si può considerare fitotossico è il 60%.
Il contenuto di potassio è apprezzabile e si traduce in unità fertilizzante e dunque in potenziale risparmio nel caso in cui si volesse attivare un piano di fertilizzazione dei terreni.
Rapportando i dati al valore agronomico degli elementi, si può affermare che, per tonnellata di compost secco, si apportano oltre 2 tonnellate di carbonio organico, 5 tonnellate di sostanza organica, 8 kg di azoto totale, 16 kg di fosforo, 29 kg di potassio, 14 kg di magnesio e 7 kg di ferro. I valori raddoppiano in presenza di compost con il 40% di umidità.
Il valore agronomico, alla luce di queste analisi, è considerevole e ampliamente idoneo all’utilizzo in agricoltura sostenibile.
E’ possibile rivedere il webinar nel quale sono intervenuti esperti del settore, cliccando sul seguente link: